La sbornia dell’asino

La sbornia dell’asino


Zio Nanni raccontava che con lo zio andava nei paesi vicini a comprare uova per vendere ai tedeschi. Una volta erano andati a Baressa: avevano asino e carretta. Era nel 1943, lui era un ragazzino. Si erano ritrovati in casa di conoscenti, gente brava ed ospitale, che li avevano invitati a cena.
“Se volete restare anche a dormire, se vi accontentate, potete riposare nel magazzino del vino, domani mattina partite” Così i due avevano accettato di buon grado, perché era una brutta sera e faceva un freddo da cani.
Ma lo zio non riusciva a prendere sonno. Era preoccupato per l’asino, che era fuori.
– Cessu, cessu – diceva – gei esti cabendindi ua nottixedda de cibixia. Notesta gei si morridi su mobenti! – Pensa e ripensa e alla fine decide di fare entrare l’asino nel magazzino.
Nel mezzo della notte cominciano a sentire uno sciacquio; in un primo tempo avevano pensato che l’asino stesse facendo i bisogni. Solo questo sciacquio non aveva fine e si sentiva l’asino che starnutiva. Accendono la luce e vedono il disastro che aveva combinato l’asino: aveva tolto il tappo alla botte, che ormai era quasi vuota, aveva bevuto molto vino ed era ubriaco fradicio. Era l’una di notte. Decidono di andarsene immediatamente, perché non erano in grado di sopportare quella vergogna, né sapevano come porvi rimedio.
Nella carretta avevano seicento uova. All’uscita di Baressa l’asino non si reggeva più, e attraversando un ponticello erano caduti tutti: l’asino sotto e le uova e i due sopra.
Le uova si erano quasi tutte rotte e allora zio Nanni con lo zio avevano acceso il fuoco e le avevano cotte per non perderle del tutto; una buona parte le avevano mangiate.
Come avevano potuto, erano riusciti a rientrare in paese. L’asino aveva impiegato un paio di giorni per smaltire la sbornia.