L’angolo della memoria
C’è un angolo nella memoria dove il pensiero sempre torna, come a una musica dolce di un’antica canzone.
In questo pezzo di mondo sottratto alla contingenza ci sono i ricordi vagliati nelle storie del tempo, rimasti al setaccio come i chicchi del grano maturo.
E più passa il tempo e più ci si rende conto che quello è il luogo della vita vera. Vera non perché fatta di pensieri o gesti straordinari, ma perché fatta di noi stessi, protagonisti autentici della nostra vita.
Perché noi non sempre siamo autentici. Fin troppe volte assumiamo atteggiamenti che non sono i nostri e creiamo pericolose fratture tra il nostro sentire e il nostro operare. Fin troppe volte diciamo una cosa e ne pensiamo un’altra e tradiamo noi stessi nell’intimità più profonda.
Non così al tempo della nostra infanzia, quando c’era trasparenza tra il dire e il fare e respiravamo felici a pieni polmoni, perché ci sentivamo in pace con noi stessi e il mondo.
Questa serenità interiore ci rendeva capaci di godere delle bellezze della natura e di cogliere in maniera immediata, senza diffidenze, tutti i messaggi che ci provenivano dal mondo esterno, ai quali sapevamo rispondere con semplicità di cuore, senza paurosi raggiri.
Ed ecco perché i ricordi dell’infanzia sono sacri: perché appartengono a quel mondo incontaminato e pulito dove tutti quanti ci possiamo specchiare. Questo passato preme nella coscienza e si sente il bisogno, quasi morale, di trasmetterlo.
E’ con questo spirito che ho ricostruito “ il mio piccolo mondo antico” insieme alla vita dei personaggi che costellavano il mio raggio d’azione.
Non si tratta di contrapporre un tipo di cultura a un’altra, e nemmeno di prediligere un certo modo di rapportarci con i nostri vicini, ma piuttosto quella di recuperare un mondo che costituisce una risorsa per l’esistenza.
Oggi noi viviamo in una società sempre più aperta verso il mondo, alla ricerca della cooperazione fra i popoli, che cerca di costruire su basi più solide e sicure i diritti di ogni uomo.
I mezzi di trasporto e di comunicazione annullano sempre più le distanze e favoriscono le relazioni e gli scambi. Ci sentiamo sempre più “cittadini del mondo”. E tutto questo è certamente una grande conquista.
Ma quanto più questo slancio verso il mondo è grande, tanto più è forte dentro di noi il bisogno di salvaguardare la nostra identità culturale, che è la linfa vitale del nostro esistere e ci caratterizza nella nostra specificità.
Noi siamo figli di un mondo agro pastorale e questo mondo vive dentro di noi. A questa fonte tante volte abbiamo attinto, quando ci siamo sentiti sperduti. Tornare a questo mondo è stato come tornare a casa dopo un lungo viaggio, dove abbiamo imparato e visto tante belle cose, ma poi abbiamo sentito il bisogno di tornare a noi, alla nostra gente, fra quelli che ci conoscono e ci comprendono, che sanno di noi, del nostro passato, delle nostre antiche ed attuali sofferenze. Questo mondo fa parte organica con noi e in noi vuole vivere e crescere nella strada della vita che, con tutto quello che ci riserva, ci conduce a una meta dove ogni esperienza trova senso in una composizione che si fonda sulle radici del nostro patrimonio culturale.
E più passa il tempo e più ci si rende conto che quello è il luogo della vita vera. Vera non perché fatta di pensieri o gesti straordinari, ma perché fatta di noi stessi, protagonisti autentici della nostra vita.
Perché noi non sempre siamo autentici. Fin troppe volte assumiamo atteggiamenti che non sono i nostri e creiamo pericolose fratture tra il nostro sentire e il nostro operare. Fin troppe volte diciamo una cosa e ne pensiamo un’altra e tradiamo noi stessi nell’intimità più profonda.
Non così al tempo della nostra infanzia, quando c’era trasparenza tra il dire e il fare e respiravamo felici a pieni polmoni, perché ci sentivamo in pace con noi stessi e il mondo.
Questa serenità interiore ci rendeva capaci di godere delle bellezze della natura e di cogliere in maniera immediata, senza diffidenze, tutti i messaggi che ci provenivano dal mondo esterno, ai quali sapevamo rispondere con semplicità di cuore, senza paurosi raggiri.
Ed ecco perché i ricordi dell’infanzia sono sacri: perché appartengono a quel mondo incontaminato e pulito dove tutti quanti ci possiamo specchiare. Questo passato preme nella coscienza e si sente il bisogno, quasi morale, di trasmetterlo.
E’ con questo spirito che ho ricostruito “ il mio piccolo mondo antico” insieme alla vita dei personaggi che costellavano il mio raggio d’azione.
Non si tratta di contrapporre un tipo di cultura a un’altra, e nemmeno di prediligere un certo modo di rapportarci con i nostri vicini, ma piuttosto quella di recuperare un mondo che costituisce una risorsa per l’esistenza.
Oggi noi viviamo in una società sempre più aperta verso il mondo, alla ricerca della cooperazione fra i popoli, che cerca di costruire su basi più solide e sicure i diritti di ogni uomo.
I mezzi di trasporto e di comunicazione annullano sempre più le distanze e favoriscono le relazioni e gli scambi. Ci sentiamo sempre più “cittadini del mondo”. E tutto questo è certamente una grande conquista.
Ma quanto più questo slancio verso il mondo è grande, tanto più è forte dentro di noi il bisogno di salvaguardare la nostra identità culturale, che è la linfa vitale del nostro esistere e ci caratterizza nella nostra specificità.
Noi siamo figli di un mondo agro pastorale e questo mondo vive dentro di noi. A questa fonte tante volte abbiamo attinto, quando ci siamo sentiti sperduti. Tornare a questo mondo è stato come tornare a casa dopo un lungo viaggio, dove abbiamo imparato e visto tante belle cose, ma poi abbiamo sentito il bisogno di tornare a noi, alla nostra gente, fra quelli che ci conoscono e ci comprendono, che sanno di noi, del nostro passato, delle nostre antiche ed attuali sofferenze. Questo mondo fa parte organica con noi e in noi vuole vivere e crescere nella strada della vita che, con tutto quello che ci riserva, ci conduce a una meta dove ogni esperienza trova senso in una composizione che si fonda sulle radici del nostro patrimonio culturale.